TEMPI VIRTUALI di Sergio GallittoRecensione di Carmelo Pantè
Giorgio, un uomo avanti negli anni, sposato e con una coniugale e professionale serena, riceve un messaggio su internet, tramite un noto social network, da una vecchia compagna di classe, Letizia, della quale era innamorato. Ricordare i tempi scolastici, i compagni e le vicende lontane che li hanno accomunati, agli inizi degli anni 70 del secolo scorso, risulta per i protagonisti sorprendente e piacevole, almeno inizialmente. Comincia così, per il protagonista, un vero e proprio viaggio virtuale nei sentimenti e dentro sé stesso. Vicende del passato si mescolano al presente, ricordi teneri si alternano ad altri dolorosi, sino alla fine del “viaggio” che permette a Giorgio di avere alcune risposte a vecchi interrogativi.
La trama è solo apparentemente banale, i ricordi scolastici, ovviamente, sono solo un pretesto per una vicenda più complessa, contorta, come spesso complicati e non lineari sono i rapporti umani. Gli anni 70, spesso rievocati, sono cruciali per l’Italia. Quello è stato un periodo “globalizzato”. Anzi la prova generale della globalizzazione. Una o forse più di una generazione, ha sentito o si sono sentite accomunate dall'ansia di migliorare il mondo. L'impegno politico era sentito e reale; come i morti nel Vietnam. I giovani volevano “tutto e subito” e la fantasia al potere. L'ansia di vivere in un mondo migliorato, meno cruento, nel pensiero e nei fatti, si toccava con mano e si accendeva in ognuno con la criticità politica e l'esigenza di cambiamento nella e della società. Sembrava che un altro mondo dovesse nascere dall'impegno e dalla sofferenza. I morti erano martiri e le manifestazioni la catarsi degli animi. Chi dissentiva era aut e come tale era estromesso dalla cerchia dei ben pensanti. Le opposte fazioni politiche si fronteggiavano nelle piazze e nelle strade e se poi il contatto fisico "capitava", era lecito che venisse risolto a sprangate, se non con le armi: cosa che successe in seguito. Nasceva robusta l'ansia di libertà e d’amore, fra esseri umani di ogni razza, colore, tendenza, sesso e varianti. Tutto era colorato di libertà, di speranza e di fraternità. I giovani si amavano fra loro e “love” era la parola chiave di Robert Indiana e della Pop Art. Computer, tablet e cellulari erano ancora lungi dal fare la loro comparsa, e quei tempi si ricordano come passioni non sopite.
L'espediente narrativo di ripercorrere quel tempo con i messaggi mail, adoperato dall’autore, è indovinato. Un ottimo accorgimento per scorrere il tempo, soffermandosi nell'epoca e nei ricordi che più assalgono, senza limiti di collegamento e continuità. Bello anche l'espediente di scorrere i ritratti dell'adolescenza e della prima maturità attraverso storie ordinarie, che vengono però raccontate con la partecipazione emotiva di chi le ha vissute, "pastorale" in questo senso ma non "americana", semmai Italiana e siculo-messinese. Uno spaccato sociale corale, non sopito.
Personalmente, mi ci sono ritrovato e, come in un film, mi sono rivisto in alcune scene o episodi.
Ma "Tempi virtuali" è soprattutto una storia d’amore romanzata anche se, alla fine, nessuno resta convinto che l'io narrante sia proprio un personaggio astratto e fantastico. Gli amori sono veri e vissuti, senza psicologismi, vivono la carnalità dei sentimenti senza mai forzare la mano alla rappresentazione erotica che qui è pudica e profonda, allusiva, ma non cerebrale o rappresentativamente carnale e morbosamente sfrenata. C'è il pudore dei sentimenti, il rispetto per il sentire degli altri, l'attrazione pura senza calcolo e convenienze. Una voglia e un'attesa di vivere la vita, senza sconti e senza aggiustamenti, senza ripieghi appaganti. L'amore è descritto e scritto come sentimento e non ci si vergona di averlo provato. Di provarlo!
Nell'insieme un libro che vale la pena di leggere. È come rileggere in maniera accattivante e intrigante il film della propria vita per rivalutarla nell’essenzialità degli atti e del vivere quotidiano. La speranza di ritornare al tempo perduto, alla quotidianità magari banale ma che aspetta e rispetta il domani.
(Carmelo Pantè)